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Con il nuovo Codice dei contratti pubblici non si applica la proroga del termine impugnatorio fino a 45 giorni dall’aggiudicazione – 476/24

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Inapplicabile la dilazione temporale di 15 giorni in caso di presentazione di istanza di accesso agli atti.

Il Tar Lazio, Sezione Quarta, con sentenza n. 1322 del 1° luglio 2024 ha dichiarato irricevibile il ricorso avverso l’esito di una procedura di gara presentato oltre il termine impugnatorio di 30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, benché fosse rispettato il termine ‘dilazionato’ di 45 giorni ritenuto legittimo in via pretoria in caso di presentazione di una istanza di accesso agli atti.

Il ricorrente, avendo presentato istanza di accesso agli atti, aveva ritenuto di poter beneficiare della proroga di 15 giorni del termine di impugnazione e, pertanto, aveva notificato il ricorso il 45° giorno successivo alla comunicazione dell’aggiudicazione.

Come noto, la giurisprudenza formatasi nella vigenza del Codice di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 aveva riconosciuto uno slittamento di 15 giorni del termine di impugnazione in caso di istanza di accesso agli atti tempestiva, ossia proposta entro 15 giorni dalla comunicazione o pubblicazione dell’aggiudicazione, e di riscontro da parte della stazione appaltante parimenti tempestivo, “se i motivi del ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”; in tal caso, al termine per impugnare di 30 giorni si applica una corrispondente dilazione temporale di 15 giorni, perciò “il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo di 45 giorni dalla comunicazione o pubblicazione” (Cons. Stato, ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12; id., III, 8 novembre 2023, n. 9599; id., V, 15 marzo 2023, n. 2736; id., V, 16 aprile 2021, n. 3127; Tar Lazio – Roma, III quater, 23 maggio 2023, n. 8767).

Ne consegue che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale formatosi a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 2 luglio 2020, n. 12, nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici l’individuazione della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di una procedura di gara è modulata secondo la seguente scansione: (i) dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. 50/2016; (ii) dall’acquisizione, per richiesta di parte o invio d’ufficio, delle informazioni di cui all’art. 76 del d.lgs. 50/2016; (iii) dal momento in cui è consentito l’accesso, in caso di proposizione di istanza di accesso agli atti entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione; (iv) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara (Cons. Stato, V, 10 gennaio 2024, n. 350).

Tale ricostruzione era stata elaborata in relazione al disposto dell’art. 76, comma 2, d.lgs. 50/2016, laddove prevedeva che l’amministrazione riscontrasse le richieste di accesso agli atti “immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta“.

La norma citata è stata abrogata dal nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), che ha riformato la disciplina dell’accesso agli atti prevedendo, all’art. 35, che sia assicurato in modalità digitale, “mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme“. Il successivo art. 36 specifica, poi, che l’offerta dell’aggiudicatario, i verbali, gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili sulla piattaforma, contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione, a tutti i concorrenti non definitivamente esclusi e che ai primi cinque graduati sono altresì rese reciprocamente disponibili le offerte dagli stessi rispettivamente presentate.

La disciplina dell’accesso ne esce, dunque, profondamente mutata, tanto che si profila oggi nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici un ‘accesso senza istanza’: tra i primi cinque graduati, l’accesso è completo; oltre il quinto graduato, resta ferma la possibilità di presentare istanza di accesso ai sensi della disciplina generale di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241.

Rispetto al quadro normativo e giurisprudenziale sopra descritto, la pronuncia in commento offre due interessanti spunti di riflessione.

Il primo, come anticipato, riguarda la non applicabilità al nuovo Codice del peculiare regime di proroga del termine di impugnazione elaborato dalla giurisprudenza sulla scorta dell’art. 76, comma 2, d.lgs. 50/2016: sul punto, il Tar Lazio afferma che l’abrogazione della norma citata e la radicale riforma del regime dell’accesso agli atti non consentono di trasferire sul nuovo Codice i principi elaborati nel sistema previgente.

Il secondo aspetto problematico desumibile dalla pronuncia in commento attiene al regime intertemporale che regola l’avvicendarsi delle due diverse normative.

Come noto, gli artt. 35 e 36 del d.lgs. 36/2023 hanno acquisito efficacia a partire dal 1° gennaio 2024 (art. 225, comma 2, d.lgs. 36/2023) e perciò ci si è spesso posti l’interrogativo se alle procedure bandite prima di tale data fosse applicabile la disciplina previgente oppure quella delineata dal nuovo Codice.

Ebbene il Tar Lazio, pur non affrontando espressamente la questione suddetta, sembra implicitamente propendere per un’interpretazione che, valorizzando il dato letterale dell’art. 225, comma 2, d.lgs. 36/2023, ritiene la nuova disciplina applicabile anche alle procedure bandite prima del 1° gennaio 2024, quando l’istanza di accesso sia successiva a tale data.

Fermo quanto sopra, la specificità del caso è occasione per formulare alcune riflessioni.

Nella procedura in questione la pubblicazione del bando di gara risale al dicembre 2023, mentre l’odierno ricorrente (terzo graduato nella procedura in questione) ha presentato istanza di accesso alla documentazione amministrativa, tecnica ed economica dei primi due graduati il 30 aprile 2024, alla quale la stazione appaltante ha dato riscontro il 20 maggio 2024 rendendo disponibile tale documentazione sulla piattaforma telematica. Si evidenzia, dunque, che nella procedura in questione il meccanismo di accesso delineato dagli artt. 35 e 36 del d.lgs. 36/2023 non ha trovato puntuale applicazione, poiché l’accessibilità dei documenti sulla piattaforma è stata consentita dalla stazione appaltante diversi giorni dopo la comunicazione dell’aggiudicazione, e comunque a seguito dell’istanza di accesso formulata dalla ricorrente. Benché al momento in cui la documentazione è stata resa disponibile non fosse ancora decorso il termine di impugnazione di 30 giorni dalle comunicazioni di cui all’art. 90 del Codice, occorre soffermarsi sul fatto che non è stata rispettata la prescrizione di rendere la documentazione disponibile ai concorrenti contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione.

Nell’ipotesi in cui la stazione appaltante non sia tempestiva nel caricamento sulla piattaforma della documentazione che deve essere resa accessibile, ovvero qualora l’accessibilità sia consentita soltanto a seguito della presentazione di un’istanza da parte del concorrente, ci si chiede se sia corretto ritenere inapplicabile la dilazione del termine di impugnazione elaborata nei termini sopra descritti dalla giurisprudenza successiva alla Plenaria n. 12 del 2020, oppure se tale irrigidimento non finisca per incentivare l’atteggiamento, invero poco pregevole, delle stazioni appaltanti di dilazionare il più possibile il momento dell’accesso al fine di disincentivare sul nascere la proposizione di un ricorso.

La circostanza che la documentazione non sia resa tempestivamente disponibile sulla piattaforma telematica da parte della stazione appaltante non è, dunque, irrilevante ai fini della valutazione della estensibilità al nuovo Codice dei principi dettati a suo tempo dall’Adunanza Plenaria, atteso che l’aspetto maggiormente enfatizzato dalla citata pronuncia riguardava proprio il fatto di consentire il decorso del termine di impugnazione a partire dal momento della conoscenza effettiva degli atti di gara, neutralizzando così gli eventuali comportamenti dilatori dell’amministrazione aggiudicatrice.

Di contro, l’art. 120 del Codice del processo amministrativo, successivamente alle modifiche apportate dal d.lgs. 36/2023, prevede che il termine per la proposizione del ricorso decorre “dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 90 del Codice dei contratti pubblici oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell’art. 36, commi 1 e 2, del medesimo Codice“, mentre non contiene più alcun riferimento alla perdurante rilevanza della ‘data oggettivamente riscontrabile’ a partire dalla quale sono stati costruiti i menzionati orientamenti giurisprudenziali.

In conclusione, la questione appare tutt’altro che risolta e sembra richiedere ancora valutazioni e bilanciamenti di interessi che auspicabilmente troveranno spazio nella futura giurisprudenza.

Clicca qui per scaricare la sentenza:

Testo_Sentenza