In un contratto di appalto, si definisce subappalto a cascata il subappalto a cui ricorre il subappaltatore. Perciò, dato un contratto di appalto tra il committente A e l’appaltatore B, quest’ultimo può essere autorizzato a subappaltare parte delle prestazioni oggetto del contratto a un operatore economico C. Qualora anche quest’ultimo voglia – a sua volta – subappaltare parte delle prestazioni che ha ricevuto in subappalto, per farlo deve ricorrere ad un ulteriore subappalto, che – appunto – è chiamato subappalto a cascata.
La disciplina dei contratti pubblici ha sempre vietato questa forma di subappalto, per così dire, ulteriore, che consente di dilatare la platea delle imprese che operano all’interno del cantiere (ovvero nella prestazione di servizi di interesse pubblico), aumentando il rischio di infiltrazioni illecite nella filiera dei contraenti.
In particolare, l’art. 105, comma 19, del codice dei contratti pubblici del 2016 (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) disponeva che “l’esercizio delle prestazioni affidate in subappalto non può formare oggetto di ulteriore subappalto”.
Tale disciplina – tuttavia – aveva sollevato dubbi di compatibilità con il diritto eurounitario: quest’ultimo per come chiarito dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (le quali hanno efficacia erga omnes, cioè dichiarano come deve interpretarsi il diritto di matrice eurounitaria con effetto vincolante per tutti gli operatori dell’Unione Europea) considera illegittime (perché lesive dei principi di concorrenza, proporzionalità e parità di trattamento) le norme che vietino in modo incondizionato e indifferenziato (cioè generale ed astratto) la possibilità per le imprese che operano all’interno di un appalto pubblico, di ricorrere a subcontratti. Nelle stesse direttive, infatti, si fa riferimento al concetto di ‘catena dei subcontraenti’, che è valutato in funzione procompetitiva (perché consente anche alle piccole e medie imprese di entrare in una commessa pubblica) in attuazione del principio di concorrenza.
La legge 21 giugno 2022, n. 78, contenente la delega al Governo per l’emanazione del nuovo codice, aveva indicato tra le direttrici primarie della delega l’adeguamento al diritto europeo “e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali” … anche “al fine di evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate”.
Il divieto nazionale di subappalto a cascata era oggetto di una specifica procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea (procedura n. 2018/2023): quest’ultima ha – infatti – rilevato che la normativa eurounitaria non prevede un limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato il divieto del subappalto a cascata si pone in contrasto con quanto previsto in via generale dalle direttive comunitarie 2014/23/UE – 2014/24/UE – 2014/25/UE, le quali esplicitamente prevedono la presenza anche di “subappaltatori successivi nella catena dei subappalti”.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, ha dunque eliminato il divieto generale e astratto. La nuova norma rimette alla decisione discrezionale delle singole stazioni appaltanti se vietare il subappalto. Le condizioni per tale divieto sono due. In primo luogo, occorre che la stazione appaltante lo indichi nei documenti di gara. In secondo luogo, la stazione appaltante deve motivare il divieto sulla base di tre parametri motivazionali: (i) le caratteristiche specifiche dell’appalto; (ii) l’esigenza di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro, salute e sicurezza dei lavoratori; (iii) prevenire il rischio di infiltrazioni criminali (quest’ultima ipotesi di motivazione non può essere invocata se il subappaltatore a cascata è iscritto nella white list antimafia).
I predetti parametri motivazionali predetti sono i medesimi che possono consentire alla stazione appaltante di vietare (in tutto in parte) il ricorso al subappalto per così dire ‘principale’.
La previsione del subappalto a cascata implica l’estensione anche a questo istituto dell’obbligo del subappaltatore di applicare i medesimi contratti collettivi di lavoro utilizzati dall’appaltatore principale (ed esteso, ovviamente, già al ‘subappaltatore principale’).
La nuova disciplina, come previsto dall’art. 229 del d.lgs. n. 36/2023, è diventata efficace il 1° luglio 2023: e dunque si applica a tutte le procedure avviate dopo tale data.
La novità del subappalto a cascata richiede dunque che stazione appaltanti e imprese valutino appropriatamente, ciascuno dal proprio punto di vista, gli aspetti applicativi per l’attuazione dell’istituto. Solo a titolo esemplificativo: con quale modalità deve essere richiesta l’autorizzazione al subappalto a cascata; in quali circostanze tale istituto possa ritenersi elusivo del divieto di subappalto frazionato, e perciò l’autorizzazione possa essere negata anche se i documenti di gara non contengano un divieto esplicito; in quale responsabilità incorre il subappaltatore a cascata rispetto alla stazione appaltante e all’appaltatore principale.
AG Studio Legale è a disposizione di imprese e stazioni appaltanti per la soluzione di ogni eventuale questione applicativa.