Le Sezioni Unite della Corte di cassazione con sentenza 8 luglio 2024, n. 18623 si sono pronunciate in merito alla sussistenza dei presupposti per l’affidamento in house del servizio idrico integrato (nel séguito: SII).
Le questioni sottoposte alla Corte traggono origine dal ricorso proposto da una società – concessionaria della gestione del SII nel previgente sistema – avverso le delibere dell’Ente di Governo dell’Ambito Territoriale Ottimale (nel séguito: EGATO) con cui era stato definito il Piano d’Ambito e adottato il modello di gestione in house.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche aveva respinto il ricorso, riconoscendo la correttezza dell’operato dell’EGATO e la legittimità della scelta di affidare la gestione in house.
La società impugnava la sentenza del TSAP, articolando le censure attorno a molteplici questioni.
In primo luogo, la scelta dell’EGATO si sarebbe posta in violazione dell’art. 149bis, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente), a mente del quale l’Autorità d’Ambito delibera la forma di gestione tra quelle previste dall’ordinamento europeo, procedendo all’affidamento del servizio in osservanza della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.
In base all’art. 150, d.lgs. 152/2006, all’EGATO spetta in via preventiva la scelta circa la forma di gestione tra quelle di cui all’art. 113, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 167 e in via consequenziale l’affidamento della gestione. Le disposizioni richiamate riconoscono, quindi, l’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche, dotate dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.
Le caratteristiche del modello in house fanno sì che l’affidamento diretto non contrasti col principio di concorrenza, dato che la società è equiparabile a un’articolazione interna dell’ente che l’ha costituita.
L’EGATO – nell’ottica della ricorrente – avrebbe svolto la valutazione comparativa tra i diversi modelli organizzativi in maniera discriminatoria per gli operatori economici privati, senza adottare criteri univoci in grado di neutralizzare benefici non estensibili a tutti i modelli considerati.
La censura è stata disattesa dalla Suprema Corte, la quale ha statuito che “la comparazione (per essere effettivamente tale) non può che tener conto di tutte le caratteristiche dei diversi modelli sociali e, dunque, anche delle possibilità che ciascuno di essi consente concretamente di adottare”. In quest’ottica, il confronto tra i diversi modelli è svolto correttamente anche quando è guidato da parametri riferibili solo ad uno dei modelli organizzativi utilizzabili, come ad esempio la garanzia dei livelli occupazionali (che solo l’in house garantirebbe).
In secondo luogo, la scelta dell’in house è stata censurata sotto il profilo della violazione dell’obbligo di motivazione analitica che deve precedere la sua adozione.
Secondo la ricorrente, l’art. 12, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 – che esclude dal campo di applicazione del codice dei contratti pubblici le concessioni aggiudicate per la gestione del SII – non si sarebbe applicato agli affidamenti diretti in house, ma solo all’affidamento in concessione a imprese terze previa procedura a evidenza pubblica. In base a questa ricostruzione, la previsione di cui all’art. 16, comma 7, d.lgs. 175/2016 – che rimanda all’art. 192, d.lgs. 50/2016, che si occupa anche dell’obbligo di motivazione – sarebbe applicabile indistintamente a tutte le società in house.
Tuttavia, la Corte ha da un lato evidenziato l’accuratezza della scelta dell’EGATO e dall’altro ha chiarito che, in ogni caso, l’art. 12, d.lgs. 50/2016, “nell’escludere dal campo di applicazione del codice dei contratti le concessioni del servizio idrico, non può (per coerenza) che fare riferimento anche agli affidamenti diretti alle società in house”. Pertanto, la decisione assunta dall’EGATO è soggetta al solo onere di motivazione ordinaria e non le si applica l’art. 16, comma 7, d.lgs. 175/2016.
In terzo luogo, l’ingresso dell’EGATO nel capitale del gestore in house avrebbe violato il principio di separazione tra le funzioni di organizzazione e di controllo (che spettano all’EGATO) e quelle di erogazione del servizio pubblico (che competono al gestore).
In realtà, le Sezioni Unite hanno precisato che l’art. 149bis d.lgs. 152/2006 esclude la possibilità di partecipazione di privati al capitale della società in house, ma – per come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa – ammette che la partecipazione degli enti locali possa avvenire “in via indiretta a mezzo di un soggetto terzo (nella specie l’EGATO) con funzione strumentale all’acquisizione da parte dei singoli Comuni delle quote del gestore unico”.
Pertanto, alla fattispecie non può essere applicato il divieto di partecipazione degli enti di governo ai soggetti incaricati della gestione del servizio, di cui all’art. 6, co. 2, d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201, sia in quanto norma successiva, sia in quanto derogata da altra previsione contenuta nel medesimo decreto, che sottrae dall’ambito applicativo del divieto le partecipazioni degli enti di Governo dell’ambito del servizio idrico integrato.
Infine, la pronuncia si è occupata del requisito del controllo analogo svolto dai Comuni affidanti: la ricorrente aveva ritenuto che la condizione non fosse stata soddisfatta, in quanto la società incaricata della gestione non era direttamente partecipata da tutti i Comuni dell’ambito territoriale.
In realtà, lo statuto della Società prevedeva che la partecipazione degli enti locali interessati dalla gestione del SII potesse avvenire sia in forma diretta, sia in forma indiretta.
Inoltre, la deliberazione dell’EGATO di affidamento alla società in house prevedeva l’estensione progressiva della partecipazione dei Comuni, di modo che fino all’effettivo subentro del nuovo gestore unico del SII, “i singoli Comuni continuano legittimamente ad espletare il servizio attraverso le forme di gestione preesistenti”. In altri termini, l’unitarietà della gestione del SII a livello di ambito non presuppone necessariamente l’unicità del gestore.
La Corte ha inoltre precisato che il controllo congiunto non deve necessariamente essere esercitato in maniera paritaria, essendo sufficiente che lo statuto della società preveda strumenti “idonei ad assicurare che ciascuna P.A. controllante, assieme alle altre, sia in grado di controllare l’attività del soggetto controllato”.
Questa possibilità è connaturale alla struttura degli ambiti territoriali in cui si articola la gestione del SII, il cui presupposto di fondo è dato dal concorso di più enti aventi diversa incidenza sull’assetto societario. Per esempio, è possibile che il controllo analogo congiunto si realizzi dall’esterno della società, mediante la costituzione di un ufficio comune, “cui sia attribuito il compito di realizzare il coordinamento e la consultazione tra gli enti locali provvedendo all’approvazione degli atti fondamentali nella vita della società”.
La pronuncia, dunque, ha accertato la legittimità della scelta discrezionale dell’EGATO di attribuire direttamente ad una società in house la gestione del SII, chiarendo alcuni aspetti essenziali del modello organizzativo.
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