La IV sezione del Consiglio di Stato con le sentenze del 27 maggio 2024, n. 4690 e 4692 si è occupata del tema del riparto di funzioni tra Ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio di gestione dei rifiuti e Comuni.
Il tema posto all’esame del Collegio attiene al rapporto tra funzioni dell’EGATO e funzioni comunali nella determinazione del corrispettivo per il servizio di raccolta rifiuti sul territorio, secondo il PEF annualmente deliberato da Atersir. In questo settore, ARERA ha dapprima previsto la possibilità per ciascun Ente di governo di presentare un piano tariffario articolato per singolo Comune o per ambito (MTR) e poi superato questa impostazione, fondando l’MTR-2 esclusivamente sul PEF d’ambito e configurando come eccezionale la possibilità di operare tramite PEF costruiti su base comunale.
Il Tar Emilia-Romagna aveva in entrambi i casi riconosciuto il diritto dei Comuni ad ottenere la rideterminazione del corrispettivo a loro carico per il servizio di raccolta dei rifiuti e, correlativamente, l’obbligo di Atersir di adottare un piano per il recupero delle somme versate in eccesso dai Comuni penalizzati dalle sovra-coperture del servizio approvate nel PEF d’ambito.
Il giudice, nel ritenere fondate le censure, ha fornito una ricostruzione del quadro normativo e della ratio sottesa all’istituzione degli enti d’ambito per la gestione del servizio rifiuti. In primo luogo, è richiamata la legge regionale dell’Emilia-Romagna 23 dicembre 2011, n. 23 con cui si è individuato un unico ambito territoriale ottimale di dimensione regionale nel quale le funzioni di governo sono svolte da Atersir su due livelli: il primo livello si riferisce all’intero ambito territoriale ottimale; il secondo livello si riferisce al territorio provinciale.
In secondo luogo, l’art. 3bis del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 ha attribuito all’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale le funzioni di organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani, nonché di determinazione delle tariffe all’utenza. La disposizione “completa un percorso di passaggio di funzioni all’ente di governo dell’ambito ottimale al quale compete l’organizzazione dei servizi pubblici a rete di rilevanza economica”, superando la “frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti”.
L’ente di governo dell’ambito si distingue dai Comuni che vi partecipano e, in questo senso, ha rilievo la circostanza che esso determini, per il tramite del suo organo di governo, il PEF: “l’organo di governo è quindi rappresentativo degli enti che vi partecipano, che rimangono capaci di tradurre il proprio indirizzo politico in una reale azione di influenza sull’esercizio delle funzioni”.
In quest’ottica, la gestione del servizio così strutturata fa sì che si debba prescindere da una logica ancorata al criterio del costo del singolo Comune, al quale compete, in un momento successivo a quello di approvazione del PEF d’ambito, la valutazione su come ripartire tra i propri cittadini la relativa TARI.
Il passaggio delle funzioni riguardanti le dinamiche gestionali e finanziarie della gestione del servizio all’ente di governo d’ambito richiede che lo stesso possa dominare l’aspetto dei costi da far confluire nel PEF. L’obbligo di copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio “non può essere ipotizzato come la somma dei costi a livello comunale”, ma deve avere riguardo “ai costi d’ambito che però con trasparenza devono essere resi dall’ente di governo e dimostrare anche quelle economie di scala per le quali l’ambito trova la propria ragion d’essere”.
Peraltro, la ricostruzione offerta dal giudice fa salva la necessità di verificare nel merito amministrativo la scelta con cui Atersir aveva deciso di disattendere il proprio orientamento volto al recupero delle sovra-coperture in una logica perequativa. È su questo piano che si gioca allora l’interlocuzione tra ente di governo d’ambito e Comuni per l’individuazione della soluzione corretta tra quelle possibili per offrire maggiori o minori servizi a favore degli utenti che mediante la TARI hanno sopportato i costi dell’ambito anche per i Comuni meno efficienti, in modo da ridurre il rischio di sovra-coperture.
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